Le nevi del passato, il sogno del futuro: Arte, Poesia ed Esorcismo della Morte da Francois Villon a Luca Eliani.

Le nevi del passato, il sogno del futuro: Arte, Poesia ed Esorcismo della Morte da Francois Villon a Luca Eliani.

Dolente e fascinoso, cinico e appassionato, sovente trasgressivo ma sempre avversario d’ogni
conformismo e d’ogni tirannico imperativo del Potere, François Villon, studente girovago per
vocazione, poeta per natura, fuorilegge per temperamento e chierico per necessità nella Francia di
metà Quattrocento, nella sua celeberrima Ballata delle Dame del Tempo che Fu ripete con
martellante incalzare – come esemplare metafora d’un mondo di leggendaria bellezza ormai
scomparso ma che pure possiamo continuare ad evocare e rimpiangere con gli accenti della poesia –
Ma dove sono ora le nevi d’un tempo? – e consegna il suo amaro compianto d’una mitizzata età
dell’Oro, nominata sempre e vissuta mai, ad una formula insieme retorica e appassionata:
Dov’è ora la bella Flora, il più bel fiore di Roma la grande, e dove la saggia Eloisa, dove
Giovanna, fiore di Lorena, che gli inglesi bruciarono a Rouen, Mio Signore non chiedetemi ancora
dov’esse sono, perché null’altro avreste in cambio che quest’inutile ritornello:
Dove sono ormai le nevi d’un tempo?
Le ceneri d’un mondo naturale che fu perfetto e compiuto di bellezza e d’armonia rivivono con
prepotente lirismo d’Arte nelle sorprendenti creazioni di Luca Eliani: dall’Orso Marsicano,
divenuto collettore inconsapevole d’ogni irragionevole odio della collettività all’arcaico e pressoché
sempiterno Geco, superstite relitto d’un mondo di dinosauri, dalla Volpe rossa, elfo silenzioso ed
elusivo trasformato in simbolo e metafora d’ogni astuzia e d’ogni doppiezza dal Passato ellenistico-
romano ai fabliaux medioevali, fino ai timidi Daini mediterranei, sacrificati alle necessità
gastronomiche d’un mondo che si professa vegano e animalista ad oltranza.
Tutti loro, con indistinto affetto d’artista, Luca Eliani effigia e nobilita, ritrae e risveglia,
fratturandoli in pixel, dividendoli in schegge, esplodendoli e ricomponendoli in sezioni simil-
cubiste per rammentarci – una volta di più – d’esser testimoni e tutelatori autentici di sempiterna
Bellezza, senza mai dover invocare, con l’amaro e retorico rimpianto d’un mondo di sopravvissuti,
in attesa d’un invocato Futuro: Ma dove Sono Ora le Nevi d’un Tempo…

Vittorio Maria de Bonis